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LE INTELLETTUALI – TEATRO CENTRALE – CARBONIA – SABATO 2 APRILE 2016

INTELLETTUALIElsinor
LE INTELLETTUALI di Molière
traduzione Cesare Garboli

con Maria Ariis, Stefano Braschi, Marco Cacciola, Monica Conti, Federica Fabiani, Gaia Insegna, Miro Landoni, Stefania Medri, Roberto Trifirò

scene e costumi Domenico Franchi
disegno luci Antonio Zappalà
musiche Giancarlo Facchinetti

adattamento e regia Monica Conti

Lo spettacolo
Le intellettuali ( titolo originale Les femmes savantes ) fu rappresentato per la prima volta a Parigi, al Palais Royal, l’11 marzo 1672.
La scena si svolge in una “casa”, quella del ricco borghese Crisalo. Clitandro, rifiutato da Armanda, figlia di Crisalo e Filaminta, vuole sposare la sorella di lei, Enrichetta. Il padre è favorevole al matrimonio ma la madre, amante della cultura e della scienza, la vuole invece dare in sposa a Trissottani, un pedante vanesio idolatrato da lei e dalle altre due “intellettuali” di casa, Armanda e la zia Belisa.
Il contrasto tra padre e madre per la scelta del genero si risolve nel momento in cui arriva il finto annuncio che la famiglia di Enrichetta è completamente rovinata economicamente, annuncio portato da Aristo, zio delle ragazze. Trissottani, infatti, interessato a sposare una ricca ereditiera, si tira subito indietro, lasciando via libera a Clitandro.

Note di regia
Le intellettuali sviluppa il noto schema delle nozze ostacolate, in cui il solito trucco provvidenziale delle lettere scioglie i nodi e fa correre al lieto fine. Teatralmente questa storia regge solo a patto che si presti fede alla “finzione” perché, come nota Cesare Garboli: “né la famiglia, in Femmes Savantes, né la cultura sono valori di primo grado, quanto spazi di un discorso teatrale, luoghi di una finzione. Molière usa questi valori, li sbuccia, li tradisce, li tratta come prese di posizione il cui movente è opportunistico”. Testo fluttuante in varie direzioni, senza un centro, per me è stato importante collocarlo in uno spazio che potesse contenere la finzione e la verità tra le relazioni dei personaggi. Ho chiesto a Domenico Franchi di creare un palcoscenico “teatro-casa-chiesa”, abitato da meccanismi attirati dal potere. Uno spazio diviso in due parti, così come due sono gli schieramenti: fautori dell’intelletto e fautori della materia, esseri disarmonici, privi di equilibrio tra corpo e mente, tesi unicamente ai propri interessi personali. Un luogo in cui tutto è Potere: la cultura e l’ignoranza, il maschio e la femmina, la tradizione e la novità, in una giostra che mi ricorda un circo, in cui tutto gira e passa, in cui i grandi personaggi sono morti, in cui Trissottani ha preso il posto di Tartufo, e in cui si muovono uomini-burattini. Molière, ora, pare credere solo alla verità del Teatro, ai gesti sacri e irridenti della scena che poi svaniscono.
(Monica Conti)

Estratti dalla rassegna stampa
Al centro visibile della scena c’è una scala da cui discenderanno i personaggi. A destra e a sinistra due tavoli, luoghi di significazione simbolica del mondo in cui gli attori del «dramma» vivono, la casa e la chiesa. Poi, come nel mondo nostro, in quello teatrale e in quello sociale, tutto si riunisce in un unico blocco verticaleverticistico (e ipocrita): le spade si tramutano in croci, tutti ne impugnano una, anche gli innocenti. Questa è la limpida e sferzante voce di una regia che fino a quel momento s’era nascosta dietro lo svolgimento della vicenda familiare. (F. Cordelli, Il Corriere della Sera, giovedì 19 marzo 2015)

Un piccolo gioiello molièriano […] I personaggi hanno calore umano, ma anima di burattini o bambole meccaniche, segni che la regista evoca come visioni. Nella leggerezza della scena (anche illuminata da ceri), gli attori giocano con i cerchi come bambini di Bruegel, duellano con spadini di legno che nel finale diventano croci di una processione lugubre. (P. Carmignani, Giornale di Brescia, venerdì 20 marzo 2015)

Monica Conti, avvalendosi di un ottimo cast, tra i quali Stefano Braschi in un doppio ruolo, Roberto Trifirò in quello di un presuntuoso “poeta” e la stessa regista nei panni di una caratterizzata serva, riesce anche con questa pièce, ultimo frutto di un lavoro di studio su Molière iniziato nel 2002, a sottolineare l’attualità dell’opera dell’autore d’Oltralpe in un percorso d’invenzione e ricerca sull’attore. (C. Elli, PuntoeLinea Magazine)

Una piacevolissima sorpresa, resa ancor migliore dall’apporto di una compagnia meravigliosamente affiatata. Ottimi Roberto Trifirò nei panni di Trissottani e Miro Landoni in quelli di Crisalo (due personaggi in cui il gigioneggiare è possibile, ma va attentamente misurato), ma ci ha favorevolmente impressionato la Armanda di Angelica Leo, unico personaggio stretto fra le convenienze di casa e le pulsioni del cuore, in una modernità ante litteram resa da pochi gesti e una bella mimica.(D. Verazzani, La Nouvelle Vague, 15 marzo 2015)

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