LA CHIAVE DELL’ASCENSORE – TEATRO COMUNALE – ELMAS- DOMENICA 10 MARZOTHE KEY OF THE LIFT – COMUNAL THEATRE – ELMAS – SUNDAY MARCH 10 Reviewed by admin on . 10 Marzo 2013 Ore 19.30 Ingresso GRATUITO LA CHIAVE DELL'ASCENSORE di Agota Kristof Ideazione scenica, libero adattamento e regia: Jeppo Rubino In scena: Barbar 10 Marzo 2013 Ore 19.30 Ingresso GRATUITO LA CHIAVE DELL'ASCENSORE di Agota Kristof Ideazione scenica, libero adattamento e regia: Jeppo Rubino In scena: Barbar Rating:

LA CHIAVE DELL’ASCENSORE – TEATRO COMUNALE – ELMAS- DOMENICA 10 MARZOTHE KEY OF THE LIFT – COMUNAL THEATRE – ELMAS – SUNDAY MARCH 10

lachiave

10 Marzo 2013 Ore 19.30 Ingresso GRATUITO

LA CHIAVE DELL’ASCENSORE
di Agota Kristof
Ideazione scenica, libero adattamento e regia: Jeppo Rubino
In scena: Barbara Brizi
In video: Dino Abbrescia, Gianluca delle Fontane

Atto unico, tratto dall’omonima opera della celebre scrittrice ungherese Agota Kristof.
Favola nera che comincia con un racconto antico di una giovane e bella castellana. Non lasciatevi ingannare… via via scoprirete i tormenti di una giovane moglie, la quale tra le mura di un matrimonio, apparentemente perfetto, subisce le più terribili angherie, per amore prima e poi per inerzia, sempre più incapace di reagire.
La scena è essenziale come le nude parole dell’Autrice: un tavolo, una sedia per il monologo della protagonista biancovestita che cantilena la favola bella, che neppure ieri illuse, poiché la castellana in attesa del ritorno del principe e del suo bacio, alla fine si guarda nello specchio con un grido. Nulla accade. Qui invece accade, il tempo e la vecchiaia. La castellana, chiusa nella sua torre, solo apparentemente sembra aver scelto il tempo dell’attesa, invece la giovane donna che, sulla scena, si canta quella storia, non ha scelto. Il marito architetto, che tanto la ama, per lei ha costruito lo spazio, un orto concluso, per la vita d’amore, al sicuro dai pericoli della città e dalle tentazioni della pianura. Pietra dopo pietra, come nella scenografia che circolarmente avvolge la scena, si è alzata la grande muraglia e solo un ascensore comunica tra la donna e l’esterno. La chiave però l’ha – ma per il suo bene – il marito. Mentre la donna è sola, con la sua dolce follia, con le sue illusioni, tanto sola che neppure la finestra può essere riempita dalle immagini di un’alternarsi delle stagioni, deprivata di tutto, il marito, al contrario, ha un complice e sodale: un medico.
L’adattamento del testo e dell’ambientazione, curato dallo stesso regista Giuseppe “Jeppo” Rubino, vede cimentarsi tre attori: Barbara Brizi nel ruolo della protagonista, Dino Abbrescia nel ruolo del marito e Gianluca delle Fontane in quello del medico. La scena, composta da semplici oggetti, quali una finestra sospesa nel vuoto, un tavolo, una sedia a rotelle, viene integrata all’interno di una scenografia proiettata su di uno schermo di 14 metri, che ne delinea i margini.
Il progetto registico parte da una ricerca mirata alla fusione tra scena teatrale e mezzo audiovisivo, creando spazi e volumi scenici surreali ma allo steso tempo reali e presenti. Solo la protagonista femminile recita sul palcoscenico, mentre i due protagonisti maschili (marito e medico) si muovono nelle scene proiettate. La messa in scena punta ad una riuscita sinergia tra palcoscenico e mezzo audiovisivo, a significare lo straniamento di una realtà che, dialogando nel chiuso recinto delle immagini mentali, finisce con l’auto annientarsi.
Sono proprio le immagini della mente della protagonista che proiettandosi sul palcoscenico, si riflettono avvolgendo la scena, formandola e completandola, dando modo al marito ed al medico di rivivere costantemente nei ricordi della donna, diventando il suo quotidiano tormento, la sua prigione, la sua punizione. Immagini mentali e proiezioni in scena; la protagonista dialoga con i fantasmi della sua mente della sua mente, dando vita a una triplice dimensione tra realtà, ricordo e inconscio.
Così il lungo monologo della giovane Barbara Brizi, via via sempre più impotente a raggiungere una realtà che è fuori di lei, è ritmato dagli interventi in video del marito e del medico, che si muovono nella scena proiettata con un che di misterioso e distorto, a sottolineare la trasposizione tra proiezione mentale e scenica; mentre la finestra diventa specchio delle introspezioni del flusso di coscienza della protagonista, con effetti di forte suggestione e spiazzanti colpi di scena. La sedia a rotelle, diventa un punto essenziale dell’adattamento scenico, tramite un gioco metaforico; infatti in tutta la prima parte dello spettacolo, la sedia a rotelle è sostituita con una sedia di scena, anch’essa mossa da piccole ruote nascoste, che accompagna l’attrice in tutti i suoi movimenti, diventando quasi una sua compagna, con la quale passeggia, danza, colloquia, potendosi però muovere sulle sue gambe, quasi a voler dimenticare nella sua mente le mutilazioni sensoriali con cui convive, ma che quotidianamente rivive insieme ai suoi fantasmi. Le due sedie si sostituiranno in in suggestivo effetto scenico. L’ascensore stessa si trasforma in una sorta di portale dimensionale, una luce intensa, dalla quale i protagonisti appaiono e dalla quale scompaiono uscendo di scena, mentre la chiave dell’ascensore prende forma in un teleomando. Anche l’età della protagonista fa parte del lavoro di adattamento del regista, nella ricerca di trasfigurare quanto l’imbruttimento e incattivimento interiore non abbia età, essendo capace di rendere vecchi dentro. La protagonista, la trentenne Barbara Brizi, acerba e tenera nella sua fissità di donna eternamente bambina impacciata, e facilmente ingannabile. La castellana non ha età e la Brizi ben rappresenta questa atemporalità, e una certa staticità, persino una rigidità sulle gambe, necessaria a inchiodare la protagonista dentro il suo spazio.
Nell’adattamento sparisce invece un personaggio del testo originale, anche se marginale, il boscaiolo, il cui dialogo con la protagonista viene però tradotto in un dialogo della stessa in terza persona. Il colpo di scena finale, la liberazione, ma anche l’inizio dell’ossessione, l’omicidio, che si completa con un’esplosione di colore, un’inondazione di sangue che invade la scena, lasciando la protagonista nuovamente solo con la sua follia. La musica originale, gli ambienti sonori ed i toni luminosi, sono essenziali ma presenti, caratterizzati dai toni stessi del testo, di cui rinforzano le già suggestive emozioni. Il risultato è di assoluta novità nel linguaggio dell’attuale comunicazione teatrale.lachiave

March 10, 2013 19:30 pm Admission FREE

THE KEY TO LIFT

THE KEY TO LIFT by Agota Kristof
Ideation stage, free, adapted and directed by: Ruby Jeppo
On stage: Barbara Brizi
In video: Dino Abbrescia, Gianluca delle Fontane

One-act play, based on the eponymous work of the famous Hungarian writer Agota Kristof.
Black fable that begins with an ancient tale of a young and beautiful castle. Do not be fooled … gradually discover the torment of a young wife, who within the walls of a wedding, apparently perfect, suffering the most terrible oppression, to love first, and then by inertia, increasingly unable to react.
The scene is essential as the bare words of the Author: a table, a chair for the monologue of the protagonist dressed in white who chant the lovely fable, which even yesterday deluded, because the castle awaiting the return of the prince and his kiss at the end you look in the mirror with a shout. Nothing happens. Here is the case, the time and old age. The castle, in her tower, apparently seems to have chosen the time of waiting, however, the young woman who, on the stage, singing the story, did not choose. Her architect husband, who so loves her, for she has built space, a vegetable garden, for the life of love, safe from the dangers and temptations of the cities of the plain. Stone by stone, as in the scene that surrounds the circular stage, she got the Great Wall and only one elevator communicates between the woman and the outside. The key, however, has – but for his own good – her husband. While the woman is alone, with his sweet madness, with its illusions, so that not only the window can be filled with images of an alternation of the seasons, deprived of all, her husband, on the contrary, an accomplice and companion : a doctor.
The adaptation of the text and the setting, edited by the director Joseph “Jeppo” Ruby, try sees three actors: Barbara Brizi in the title role, Dino Abbrescia in the role of husband and Gianluca Fountains of that of the doctor. The scene is composed of simple objects, such as a window suspended in space, a table, a wheelchair, is integrated into a scene projected on a screen of 14 meters, which outlines the margins.
The project director’s part of a research aimed at the merger between theatrical and audiovisual media, creating spaces and volumes scenic surreal but at the same time real and present. Only the female protagonist plays on the stage, while the two male leads (husband and doctor) move in the scenes projected. The staging point to a successful synergy between the stage and the audiovisual media, signifying the alienation of a reality that, talking in closed enclosure of mental images, ends with the self annihilation.
It is precisely the images of the mind of the protagonist that projecting on the stage, are reflected by wrapping the scene, and formandola supplementing it, giving way to her husband and the doctor to constantly relive the memories of the woman, making her daily torment, his prison, his punishment. Mental images and projections in the scene, the protagonist interacts with the ghosts of his mind of his mind, giving rise to a triple dimension between reality, memory and the unconscious.
So the long monologue of the young Barbara Brizi, gradually more and more powerless to reach a reality that is out of her, is punctuated by the interventions in video of her husband and the doctor, who move in the projected scene with a sense of mystery and distorted, to emphasize the implementation of mental projection and stage, while the window becomes a mirror of the insights of the stream of consciousness of the protagonist, with effects strongly suggestive and unsettling twists. The wheelchair becomes an essential adaptation stage, through a metaphorical game, because in the first part of the show, the wheelchair is replaced with a chair scene, which is also driven by small hidden wheels, which accompanies the actress in all her movements, almost becoming a fellow, with whom walk, dance, colloquia, but being able to move on his legs, as if to forget in his mind with whom the sensory mutilation, but daily relives together with its ghosts. The two chairs replace, in striking scenic effect. The elevator itself is transformed into a kind of dimensional portal, a bright light, from which the characters appear and disappear from which leaving the scene, and the key of the lift takes the form of a teleomando. Even the age of the protagonist is part of the adaptation work of the director, in the search for the imbruttimento and transform the interior has not incattivimento age, being able to make old inside. The protagonist, the thirty year old Barbara Brizi, sour and tender his fixity of a woman eternally clumsy girl, and easily fooled. The castle is ageless and timeless Brizi good example of this, and some static, even a stiff legs, needed to nail the protagonist in his space.
Adapting a character disappears instead of the original text, even if marginal, the woodcutter, whose dialogue with the protagonist, however, is translated into a dialogue of the same in the third person. The final twist, liberation, but also the beginning of obsession, murder, which is complete with an explosion of color, a flood of blood that fills the scene, leaving the protagonist again alone with his madness. The original music, sound environments and bright colors, but these are essential, characterized by tones of the same text, which reinforce the already suggestive emotions. The result is an absolute novelty in the language of the theatrical communication.

Theatrical Extraordinary. We look forward

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