GLI ATTORI DELL’ENRICO IV INCONTRANO IL PUBBLICO – CINEMA ODISSEA – CAGLIARI – VENERDI 16 GENNAIO 2015 Reviewed by admin on . CeDAC / La Grande Prosa al Teatro Massimo  stagione 2014-15 / GIU' LA MASCHERA! incontri con gli artisti OLTRE LA SCENA/ gli attori raccontano: Per la rassegna CeDAC / La Grande Prosa al Teatro Massimo  stagione 2014-15 / GIU' LA MASCHERA! incontri con gli artisti OLTRE LA SCENA/ gli attori raccontano: Per la rassegna Rating: 0

GLI ATTORI DELL’ENRICO IV INCONTRANO IL PUBBLICO – CINEMA ODISSEA – CAGLIARI – VENERDI 16 GENNAIO 2015

enriCeDAC / La Grande Prosa al Teatro Massimo 
stagione 2014-15 / GIU’ LA MASCHERA!

incontri con gli artisti

OLTRE LA SCENA/ gli attori raccontano:

Per la rassegna “Oltre la Scena/ gli attori raccontano…” venerdì 16 gennaio ore 17.30 al Cinema Odissea in viale Trieste 84 a Cagliari 
Franco Branciaroli e la compagnia dell’ENRICO IV (in scena dal 14 al 18 gennaio al Teatro Massimo di Cagliari) insieme al giornalista e storico del teatro Nicola Fano incontrano il pubblico.
INGRESSO LIBERO

*************************** LO SPETTACOLO
CTB Teatro Stabile di Brescia / Teatro de Gli Incamminati
ENRICO IV
di Luigi Pirandello

con Franco Branciaroli 
Melania Giglio, Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti, 
Valentina Violo, Tommaso Cardarelli e Daniele Griggio

e con (in o.a.) Sebastiano Bottari, Andrea Carabelli, Pier Paolo D’Alessandro, Mattia Sartoni

scene e costumi Margherita Palli
luci Gigi Saccomandi

regia Franco Branciaroli

Lo spettacolo
Franco Branciaroli, dopo i recenti successi ottenuti con Servo di scena, Il Teatrante e Don Chisciotte, continua la sua indagine sui grandi personaggi del teatro portando sulla scena l’Enrico IV, dramma in 3 atti di Luigi Pirandello, scritto nel 1921 e rappresentato per la prima volta il 24 febbraio 1922 al Teatro Manzoni di Milano. Considerato il capolavoro teatrale di Pirandello insieme a Sei personaggi in cerca di autore, Enrico IV è uno studio sul significato della pazzia e sul tema caro all’autore del rapporto, complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità.
In una lettera che Pirandello scrive a Ruggero Ruggeri – uno degli attori più noti dell’epoca – il drammaturgo agrigentino dopo avergli raccontato la trama, conclude dicendogli che vede in lui il solo attore in grado d’interpretare e dare corpo e anima al ruolo del titolo. Scrive infatti: â€Circa vent’anni addietro, alcuni giovani signori e signore dell’aristocrazia pensarono di fare per loro diletto, in tempo di carnevale, una “cavalcata in costume†in una villa patrizia: ciascuno di quei signori s’era scelto un personaggio storico, re o principe, da figurare con la sua dama accanto, regina o principessa, sul cavallo bardato secondo i costumi dell’epoca. Uno di questi signori s’era scelto il personaggio di Enrico IV; e per rappresentarlo il meglio possibile, s’era dato la pena e il tormento d’uno studio intensissimo, minuzioso e preciso, che lo aveva per circa un mese ossessionato. (…) Senza falsa modestia, l’argomento mi pare degno di Lei e della potenza della Sua arte.â€
Il personaggio di Enrico IV, del quale magistralmente non ci viene mai svelato il vero nome, quasi a fissarlo nella sua identità fittizia, è descritto minuziosamente da Pirandello. Enrico è vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma dell’impossibilità di adeguarsi ad una realtà che non gli si confà più, stritolato nel modo di intendere la vita di chi gli sta intorno e sceglie quindi di ‘interpretare’ ruolo fisso del pazzo.
Durata: 2 ore – più intervallo
L’autore
Luigi Pirandello (Girgenti, od. Agrigento, 1867 – Roma 1936), apprezzato autore di romanzi e novelle, rivoluzionò il teatro del Novecento, divenendo uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi. Pur prendendo le mosse dal verismo di scuola siciliana, nella sua opera si delinea una visione angosciosamente relativistica della vita e del mondo, che precorre temi definitivamente moderni. Fu il teatro, però, a diffondere ovunque la sua fama: dalla commedia borghese degli esordi, nella cosiddetta seconda maniera il dramma dell’essere e del parere lievita in simbolo e allegoria dell’esistenza.

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IL PROGETTO
Franco Branciaroli, dopo i recenti successi ottenuti con Servo di scena, Il Teatrante e Don Chisciotte, continua la sua indagine sui grandi personaggi del teatro portando sulla scena Enrico IV. 
Questo capolavoro pirandelliano (1922, ma potrebbe essere stato scritto oggi) parla di un uomo del nostro tempo il quale, a seguito di una tragica caduta da cavallo durante una festa in maschera, impazzisce identificandosi con il personaggio di cui portava il costume e la maschera – Enrico IV, appunto. Passati gli anni, attorniato dalla servitù di casa che egli stesso obbliga a travestirsi per simulare la vita del XII secolo, d’improvviso rinsavisce; scopre che la donna che ha sempre amato, Matilde, ha sposato il suo rivale in amore, Belcredi, e decide di sprofondare per sempre nella pazzia, unica possibilità rimastagli per poter vivere. Enrico IV, del quale magistralmente non ci viene mai svelato il vero nome, quasi a fissarlo nella sua identità fittizia, è vittima non solo della follia, ma dell’impossibilità di adeguarsi ad una realtà che non gli si confà più. Stritolato nel modo di intendere la vita di chi gli sta intorno, sceglie quindi di ‘interpretare’ il ruolo fisso del pazzo.
La scelta del più grande personaggio di tutto il teatro pirandelliano, ha la sua origine nel lavoro che Franco Branciaroli sta svolgendo da diversi anni sulla natura del Personaggio Teatrale. Dopo le vicende di Don Chisciotte e Sancio incarnate da Gassman e Bene (Don Chisciotte), quelle del grande attore shakespeariano alle prese con i disastri esteriori e interiori della guerra (Servo di scena) e dopo l’esilarante ritratto del bizzoso attore condannato a recitare nelle osterie (Il teatrante), è adesso la volta di un uomo impossibilitato a vivere la vita presente, che si rifugia nel Teatro trovando in esso – e non nella vita – il proprio volto definitivo. È questa l’ultima grande figura scelta da Branciaroli per la sua indagine sul rapporto – che è il fondamento del Teatro stesso – tra attore e personaggio.
Con EnricoIV questo percorso si chiude con l’interrogativo finale, che ne riassume perfettamente il senso: può l’arte sostituirsi alla vita? La risposta di Pirandello è la cifra di tutta la sua opera: sì, pur essendo l’opposto della vita l’arte si può sostituire ad essa poiché senza l’artificio (la maschera) la vita stessa non potrebbe essere vissuta.
Il nostro protagonista non ha un nome ‘borghese’: Enrico IV è il solo nome con il quale lo conosciamo, perché la sua vita “fuori dalla finzione†è stata divorata dalla follia (prima vera poi cosciente) che lo esclude dallo scorrere del tempo. La vita, nel suo continuo assumere e dismettere le forme nelle quali si presenta il mondo, consuma queste forme, che sono la somma delle idee ricevute, del buon senso e della morale borghese, così che ciascuno di noi cambia continuamente maschera. Non è così per l’arte, che si esprime in forme definitive, insensibili allo scorrere della vita. L’Arte, crea forme più potenti e definitive di quelle prodotte dalla vita, si serve della disperazione di chi non ha più un posto nel mondo per trionfare, crudele e dispotica.
Queste riflessioni, cui Pirandello c’invita, non sono passate di moda. Le forme che assumiamo per vivere ci aiutano spesso a evitare la questione centrale dell’esistenza: questo corpo, queste mani, questa faccia – sono io? Che cos’è questo “ioâ€, che promette di liberarci definitivamente da ogni finzione? Accettando per sempre la recita, il protagonista assume come definitiva la maschera dell’arte, che ferma, cristallizza per sempre un personaggio, la sua fisionomia, le sue parole, il suo volto, il suo carattere. Alla domanda tu chi sei?, quest’uomo potrà rispondere con una menzogna che ha il sapore tragico della verità: io sono Enrico IV.
La scelta di Enrico di sprofondare per sempre nella follia è più vicina a ciascuno di noi di quanto non si pensi. Cerchiamo continuamente di difenderci dal flusso incessante e dalla scandalosa novità della vita dandoci un atteggiamento, assumendo un ruolo, congelando il mutamento in forme risapute e rassicuranti. Ma se una caduta originaria ci gettò in questa recita che ci tiene perennemente lontani da noi stessi, sarà un crimine – figlio di quella stessa recita – a sancire la nostra definitiva estraneità dalla vita, quella che in altri tempi fu chiamata inferno.
Angelo Pastore / Direttore Centro Teatrale Bresciano
Luca Doninelli / direttore artistico del Teatro de Gli Incamminati

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