CAPPUCCETTO ROSSO – AUDITORIUM COMUNALE – CAGLIARI – DOMENICA 25 NOVEMBRE ORE 19
Ersiliadanza di Laura Corradi
CAPPUCCETTO ROSSO
con
Midori Watanabe
Carmelo Scarcella
musiche originali
Fabio Basile
costumi
Veronica Nieddu
luci e allestimento scenico
Alberta Finocchiaro
coreografia, regia e testi
Laura Corradi
Charles (Perrault) è preoccupato: da lassù dove convivono le anime , ha dato un’occhiata verso il basso, dove continua a vivere e ad essere raccontata la fiaba che lui ha scritto quando frequentava la Corte di Luigi XIV, il Re Sole ballerino. Si accorge che qualcosa non va, il lupo è strano, non ha più appetito e si intenerisce facilmente. Cappuccetto si sa, lui stesso l’aveva sempre descritta disobbediente, ma ora sta superando ogni limite. E il cacciatore poi…. lui l’aveva detto già a quei due fratelli che a tutti costi l’avevano tirato dentro nella storia: come ci si può mai fidare di un tizio che spara a tutto quel che si muove? …. Quindi, visto quel che sta succedendo, questa volta gli toccherà proprio interpellare anche loro, come si chiamano, i Grimm, anche se per la verità non gli sono mai piaciuti…..
Così prende vita una nuova storia , a suon di litigate fra le nobili anime dei letterati che stanno lassù, che si scontrano come solo gli adulti sanno fare, attorno alle forme e ai metodi più o meno efficaci di scrittura letteraria e di educazione dell’infanzia, dimenticando che Cappuccetto e il Lupo hanno bisogno di loro.
Questo è il pretesto iniziale dello spettacolo per una costruzione che procede su due piani: quello dei bambini, Cappuccetto e Lupo, che disobbediscono ai “padri” e inventano storie nuove, e quello degli adulti, i letterati (in questo caso molto caratterizzati da toni buffi e ironici) che si perdono in problematiche lontane , compiacendosi del proprio sapere, che non li aiuta però a risolvere il problema più urgente: i due personaggi non ascoltano più nessuno.
D’altra parte era cominciato tutto da lì, da Cappuccetto che disobbedisce alle indicazioni materne e abbandona il sentiero per addentrarsi nel bosco… .
Così, nel sentirsi un po’ abbandonati e soli, nasce una forte complicità fra Cappuccetto e il Lupo, sostenuti anche da un sorprendente intervento di Re Sole, un poco sciocco forse ma sensibile e affascinato dal loro danzare. Il cacciatore invece, che si rivolge a Cappuccetto con una voce suadente e troppo melliflua, lascia intendere poca chiarezza e secondi fini che, anche se non espliciti, ne fanno subito un personaggio negativo e temibile, contrariamente alla figura del lupo che risulterà essere generoso e protettivo, a modo suo anche paterno.
Questo Cappuccetto Rosso nasce dal desiderio di dare nuovi significati ad una delle fiabe europee più antiche e raccontate di tutti i tempi. Nasce anche da una mia “voglia” personale di sentirmi un poco Cappuccetto per allontanarmi dalla strada maestra e inoltrarmi in un bosco di possibili soluzioni, senza perdere l’ orientamento e i significati simbolici che fanno parte da sempre di questa bellissima fiaba. Attraverso i due personaggi ai quali consegno questo desiderio di avventura, cerco soluzioni diverse per raccontare che ci si può anche allontanare dalla strada conosciuta, bisogna però essere pronti ad affrontare le incognite di una strada più difficile che, come il percorso di un’esistenza sempre disseminata di insidie, riserva per tutti, bambini e adulti , sorprese belle e brutte.
Viene lasciato molto spazio al divertimento, grazie alle rapide metamorfosi dei due attori, ad un lupo molto speciale, ad un dinamico Cappuccetto rosso che viene dal Giappone e a volte capisce una cosa per l’altra, ai cambi di scena e di atmosfera repentini, l’ ironia in abbondanza, i ribaltamenti di situazioni e le soluzioni sorprendenti.
Tutto lo spettacolo si esprime principalmente attraverso il linguaggio del corpo. La danza non è solo un linguaggio universale e senza confini, è anche il più diretto e quello che più intensamente può parlare alle persone di ogni età.
Il bambino soprattutto, resta immediatamente affascinato da un corpo che danza perché, non avendo sovrastrutture, non si pone il problema di “capire”, ma si lascia invadere da un’emozione senza che questa debba essere necessariamente razionalizzata, tradotta, cosa che a volte gli adulti non sanno fare.
Sa coglierne nel modo più spontaneo e naturale la bellezza, l’energia e il sentimento; quindi ne comprende, anzi ne intuisce, nel migliore dei modi, anche il senso profondo.
La danza è un linguaggio primordiale: l’uomo, ancor prima di parlare, danzava. Le danze rituali, tribali, hanno scandito l’evoluzione dell’essere umano e lo hanno tenuto in contatto con le forze sovrannaturali, il cosmo , la natura. Ogni bambino è più vicino alle nostre antiche origini di quanto lo sia qualsiasi adulto, quindi ne capisce più facilmente il messaggio.
Nello spettacolo inoltre, i due interpreti danno la loro voce (dal vivo) ai diversi personaggi e dialogano con una voce registrata fuori campo.
In questa rielaborazione restano i significati profondi della fiaba originaria, i chiari ma mai espliciti riferimenti edipici e alcuni dei grandi interrogativi dell’infanzia comuni ad ogni epoca, come la distinzione fra dovere e piacere (fare ciò che piace o ciò che bisogna fare?), il riconoscimento del bene e del male , la comprensione e l’accettazione del fatto che possono coesistere in un’unica entità.
Resta la necessità di fare ordine in un grande caos emotivo, di crescere e di conoscere, la paura di non farcela, l’attrazione e la repulsione, la tentazione e la trasgressione, il pericolo, la paura, la complicità , le figure distruttive e quelle salvatrici e , come è giusto che sia in una fiaba, il lieto fine.
Resta il fatto che ogni vita è un pericoloso attraversamento: i bambini, e non solo loro, devono poter credere che sia possibile raggiungere una più alta forma di esistenza, attraverso le varie fasi di sviluppo che compongono la crescita. Le storie che parlano di questa evoluzione esercitano un’enorme attrazione sui bambini perché loro combattono l’onnipresente paura di non farcela, di non essere all’altezza di questo “cambiamento”.
I bambini percepiscono intuitivamente che le fiabe sono rappresentazioni simboliche della vita. Loro sanno che quando il lupo divora Cappuccetto, non è la fine della storia, sanno che questo è il simbolo di una rinascita. Con le fiabe il bambino impara a credere che le trasformazioni siano possibili ( per conseguire uno stato superiore di organizzazione della personalità). La fiaba in genere, così come questo nostro nuovo “Cappuccetto Rosso” di cui il pubblico può seguire le tante trasformazioni in corso, vuole rappresentare i processi interiori e i problemi emotivi legati alla crescita, indicando simbolicamente una strada verso la soluzione, il lieto fine che tutti ci aspettiamo da una fiaba.
Percorso storico della fiaba: origini e varianti
La fiaba esiste in tutto il mondo fin dal VI secolo a.c., si è poi evoluta nelle diverse culture arrivando alla versione più nota.
La storia di Cappuccetto Rosso risalirebbe alla tradizione orale di diverse regioni europee. Il tema, eterno e tragico come quello di molte favole, è il pericolo sempre in agguato di violenze contro l’infanzia.Viene narrata le prime volte nell’antica Grecia e grazie a viaggiatori e scambi tra culture, fa il giro del mondo. Cambiando ogni volta particolari: in Cina il lupo diventa una tigre, in Iran la piccola è accompagnata da un ragazzo.
La prima versione di Cappuccetto rosso è una favola esopica risalente a 2600 anni fa. Quindi la fiaba è molto più antica di quanto non si pensasse finora.
Nel tempo le fiabe hanno subìto evoluzioni come gli organismi biologici, o erano tramandate male e sono state reinventate o riscritte. Ma le analogie restano. In Iran, per esempio, non sta bene che una fanciulla si aggiri da sola in un bosco o altrove, quindi è accompagnata da un ragazzo. In Cina il lupo era un animale poco conosciuto, allora la Cappuccetto rosso locale è attaccata da una tigre. Simili sono le versioni della fiaba elaborate in Giappone, in Corea o in Birmania. E nel mondo delle fiabe tedesco il lupo cerca di divorare anche sette capretti.
Si sa che la fiaba era narrata già nel XIV secolo in Francia. In una antica versione italiana della fiaba, “La finta nonna”, Cappuccetto Rosso riesce a sconfiggere il lupo basandosi esclusivamente sulla propria astuzia. Alcuni sostengono di fatto che questa versione sia più vicina all’originale, il personaggio del taglialegna sarebbe stato aggiunto in seguito per suggerire, forse, l’idea maschilista che nonna e nipote non potessero salvarsi senza l’aiuto di un uomo.
In ogni caso, la versione scritta più antica della fiaba è “Le Petit Chaperon Rouge” (“La piccola Cappuccetto Rosso”), apparsa, nel 1697, nella raccolta di fiabe “I racconti di Mamma Oca” di Charles Perrault. La versione del narratore francese è più sinistra di quella successiva – e più nota – dei Grimm. In essa Cappuccetto Rosso viene mangiata dal lupo insieme alla nonna, senza alcun lieto fine. Al termine del racconto, Perrault fornisce una spiegazione esplicita della morale che possiede chiari riferimenti sessuali.
Questa versione della fiaba, incluse le conclusioni morali, fu raccontata quasi identica da Collodi, nella sua raccolta di fiabe “I racconti delle fate”.
Nel XIX secolo, due versioni tedesche della fiaba furono raccontate aifratelli Grimm da Jeanette e Marie Hassenpflug. I due filologi trasformarono una delle due versioni nella storia principale, e la seconda in un seguito. La prima, col titolo “Rotkäppchen”, fu inclusa nella prima edizione della loro raccolta “Kinder- und Hausmärchen” (1812). In questa versione la ragazza e sua nonna venivano salvate da un cacciatore interessato alla pelle del lupo. Nella seconda storia, Cappuccetto Rosso e la nonna, grazie all’esperienza acquisita con il primo lupo, riescono a ucciderne un altro.
La revisione finale dei Grimm, che segue, è quella del 1857 .
Biglietti: 25 nov., 2 e 16 dic. : intero 10 € – ridotto 8 €
9 dicembre : intero 22 € – ridotto 18 €
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Abbonamento 4 spettacoli 32 €
.
Per info e prenotazioni tel 070 73 21 181
Auditorium Comunale – Piazza Dettori – Cagliari
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