CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOLFF? – TEATRO MASSIMO – CAGLIARI- 17-21 FEBBRAIO 2016 Reviewed by admin on . Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee 17-21 FEBBRAIO 2016 - TEATRO MASSIMO - CAGLIARI con Milvia Marigliano, Arturo Cirillo, Valentina Picello, Edoard Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee 17-21 FEBBRAIO 2016 - TEATRO MASSIMO - CAGLIARI con Milvia Marigliano, Arturo Cirillo, Valentina Picello, Edoard Rating: 0

CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOLFF? – TEATRO MASSIMO – CAGLIARI- 17-21 FEBBRAIO 2016

WOLFF

Chi ha paura di Virginia Woolf?
di Edward Albee
17-21 FEBBRAIO 2016 – TEATRO MASSIMO – CAGLIARI

con Milvia Marigliano, Arturo Cirillo, Valentina Picello, Edoardo Ribatto
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Mario Loprevite

regia Arturo Cirillo

Info: 345.4894565 – biglietteria@cedacsardegna.it
da lunedì a venerdì – ore 15 / 19.30

BIGLIETTI
Serali intero ridotto
platea primo settore € 32 € 25
platea secondo settore € 27 € 20
loggione € 15 -

Pomeridiane € 16 € 12

CALENDARIO TURNI AL TEATRO MASSIMO DI CAGLIARI

Turno A: mercoledì 17 febbraio – ore 20.30
Turno P: giovedì 18 febbraio – ore 16.30
Turno B: giovedì 18 febbraio – ore 20.30
Turno C: venerdì 19 febbraio – ore 20.30
Turno D: sabato 20 febbraio – ore 20.30
Turno E: domenica 21 febbraio – ore 19.00

Lo spettacolo

Martha e George sono una coppia di mezza età che ha invitato a casa Honey e Nick, due giovani sposi che hanno appena conosciuto. In un vorticoso crescendo di dialoghi serrati, con la complicità della notte e dell’alcool, il quartetto si addentra in una sorta di “gioco della verità” che svela le reciproche fragilità individuali e di coppia.

Note di regia
«“Chi ha paura di Virginia Woolf?” di Edward Albee credo sia una potente macchina attoriale, ciò credo esista fortemente in funzione del teatro. Come certa drammaturgia contemporanea, penso a Spregelburd per esempio, non è tanto nella sua lettura che si coglie la vera qualità della scrittura ma nell’incarnazione umorale e psicologica che avviene quando si incomincia a lavorare con gli attori. Un teatro che usa un linguaggio naturalistico ma che non si preclude una possibilità più astratta, anzi direi che la sottende. Già il “basso continuo” dato dallo stato di alterazione alcolica presuppone una forma di recitazione quasi espressionistica. Come anche invita verso una stilizzazione la valenza fortemente simbolica dei quattro personaggi, con la coppia più giovane specchio e parodia di quella più anziana, accomunate da un problema di fertilità e di mancanza di figli. Un testo bulimico ed estremo, sismico, che mi ha fatto pensare ad una scena smossa essa stessa, sconnessa, che ti scivoli sotto i piedi.
Il testo di Albee è una dolente e spietata riflessione sull’invecchiare, sul tempo, sull’inutilità dei giorni, ma anche sull’amore. Amore vero ed immaginario, o forse più vero quanto più immaginato. Come in una commedia di Pinter, ma contaminata col melodramma, come in un gioco al massacro, come in un interrogatorio o in una tortura, siamo in una stanza, un salotto con l’ingombrante presenza di un mobile bar, in una notte di sabato, dove pian piano si dà inizio ad un rito, un sacrificio, alla creazione di una camera ardente costruita su un fiume di alcol e di bottiglie vuote. Giocando e recitando ci si trova, senza volerlo, davanti ai propri rimpianti, pentimenti, dove si scopre che si è cattivi perché non si sopporta di poter essere amati, di potersi amare. E allora il tentativo di distruzione dell’altro è desiderio di distruzione di sé, ma da compiere impudicamente in “faccia al pubblico”, illuminati dalle luci della ribalta, dove si guarda davanti per non vedere le nostre ombre, proiettate dietro di noi, che ci fanno paura. Siamo noi quelli che hanno paura di Virginia Wolf.»

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