UT PICTURA POESIS – BOLOTANA – FINO ALL’8 LUGLIO
Ut Pictura Poesis“, sei opere pittoriche dedicate a sei canzoni di Fabrizio De Andrè, un progetto artistico, una interpretazione di alcune sue canzoni, che nella mente di Andrea Lai diventano immagini.
La splendida Villa Piercy a Badde Salighes ospiterà i dipinti dell’Artista dal 2 Giugno all’8 Luglio 2012, il martedì e il giovedì dalle 15,30 alle 19,00 e il sabato e la domenica dalle 10,00 alle 13,00 e dale 15,30 alle 19,00.
La recensione di Giacomo Serreli, giornalista e musicologo:
“Verrebbe da chiedersi come mai l’universo musicale di Fabrizio De Andrè continui ad alimentare l’ispirazione di chi affida la sua voglia di esprimersi alla pittura.
Non da oggi infatti le canzoni del cantautore genovese, scomparso nel 1999, hanno vissuto di trasposizioni sulla tela al pari del suo ritratto.
E dire che i suoi versi poetici trasudano di una grande forza evocativa, sono essi stessi immagini e raffigurazioni della sua mente che a noi spetta cogliere nell’emozione della loro trasformazione in canzoni.
Forse anche per questo De Andrè è sempre stato parco nelle sue apparizioni per esempio televisive, convinto com’era , e lo aveva confidato, che la canzone, se è ben fatta, sia soprattutto da ascoltare e non da vedere.
Ora è Andrea Lai a cimentarsi in questo tentativo di far rivivere nella nostra testa e a far vibrare nei nostri cuori , versi e melodie di grande raffinatezza, spicchi della poesia italiana del secolo scemato una dozzina di anni fa.
Con la forza non delle note musicali ma del colore e della sensibilità di affidare a pochi tratti del pennello e a uno stile così personale e riconoscibile, nella sua surreale fantasia, la sua immediata percezione di un messaggio che si cela nei versi di sei composizioni del cantautore genovese così fortemente legato alla Sardegna.
Quella Sardegna che ritorna con le sue amare tragedie in “Disamistade”, là dove odio, violenza e irrazionali follie della mente umana, vengono a immedesimarsi in quel fucile imbracciato da una figura dai contorni non precisi, priva di volto, come lo è chi spesso alimenta la faida.
L’artista però vi affianca il manico di una chitarra che è elemento ricorrente in queste opere concepite da Andrea Lai per questa mostra.
Al punto che persino il piano armonico di questo strumento, installato su un pannello, diventa l’atipica cassa dirisonanza di fragili figure femminili.
Sono le passanti già cantate da Brassens; la nostalgia di amori impossibili e irrealizzati, una dedica “ a ogni donna pensata come amore, in un attimo di libertà”.
Ed è ancora una chitarra, tra macchie oniriche di colore, a fare da cornice alla raffigurazione di “Bocca di rosa”, emblema nell’ omonima canzone “dell’amore senza distinzione di forma, sacro e profano” come ha voluto ricordare il musicologo Luigi Pestalozza.
Sullo sfondo di un pentagramma assistiamo poi allo spezzarsi di un flauto, lo strumento, per il cantautore, del suonatore Jones, l’unico motivo ispirato all’ antologia di Spoon River in cui il personaggio è chiamato con il suo nome.
Quello strumento che finisce in pezzi è la fine stessa di una vita, ma ancora la chitarra e una rosa stendono coi loro colori una patina di serenità nell’evocare chi comunque ha vissuto a lungo e senza un solo rimpianto.
Ancora più sobrio e affidato a pochi segni, il messaggio legato a altre due celebri canzoni di De Andrè.
In un angolo di un quadro, in alto a destra, appaiono una sedia, l’immancabile chitarra e una bottiglia.
Quasi segni di un arredo che sembra idealmente riportarci allo stato d’animo e all’ ambiente in cui De Andrè si trovò a scrivere i versi della canzone dai tratti autobiografici, che ha sempre dichiarato essere quella alla quale si sentiva più legato.
“Amico Fragile” la scrisse in una notte, da sbronzo, in una sorta di dispensa della casa di famiglia in Gallura, a Portobello.
E qui, come suggerisce l’incipit della canzone, la figura e la chitarra sembrano evaporare.
Basta poi una scia di petali e un papavero a farci balenare, senza indugio alcuno nella mente, quell’ inno pacifista che rappresenta anche una delle pietre miliari del primissimo De Andrè.
Proprio quel fiore, perché non furono né la rosa né il tulipano a vegliare la tomba del soldato Piero, ma mille papaveri rossi…..”
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